9 Giornata del Contemporaneo

5 ottobre 2013  -  2013, Archivio, Eventi e mostre

In occasione della Nona Giornata del Contemporaneo, l’Associazione Culturale Aleph Arte è felice di ospitare negli spazi di Palazzo Panariti un progetto installativo e performativo dell’artista romana Laura Cionci, dal titolo L’umore dell’amore. Con questo appuntamento, a cura di Giorgia Fileni e Silvia Pujia, si dà seguito a Un’Opera, un progetto inaugurato nel 2010 nei locali dell’Associazione di Lamezia Terme che prevede di volta in volta l’esposizione di un’unica opera d’arte.

Artista di confine e dalla spiccata versatilità tecnica e stilistica, Laura Cionci confonde i limiti tra l’arte e la vita, facendo delle esperienze vissute il centro del suo lavoro, muovendosi tra performance, pittura, installazione e teatro di strada. Il nomadismo intellettuale che riflette la sua produzione coincide con quello fisico ed esistenziale dell’artista, spesso impegnata in lunghi viaggi in America Latina, la cui cultura ha influenzato notevolmente la sua poetica, percorsa da tre concetti chiave che fanno da legante: il carnevale – inteso come «come modalità di vita, difesa, diffusione di pensieri e sostegno sociale» – , il gioco e la memoria. Questi ultimi due “ingredienti” rivestono un ruolo predominante nell’inedito intervento che Laura Cionci realizzerà nel corso della sua residenza presso Palazzo Panariti. L’umore dell’amore consiste in una performance e un’installazione site specific: durante la performance, attraverso l’adolescenziale e sospiroso gioco del m’ama non m’ama, l’artista esplora il mondo dei sentimenti, delle passioni e dei ricordi in una prospettiva universale, spogliando, anziché petali di margherite, pagine di libri trovati. Seduta su un ipotetico letto, accompagnata da un brano musicale composto dalla chitarrista e cantante Stefania Placidi, Cionci indaga una «varietà di emozioni, di posture, di tonalità di voce, di gesti ed espressioni che ripercorrono il vissuto». «Non basta più un fiore casuale – spiega l’artista nell’intervista rilasciata in occasione della mostra – serve un altro tipo di spessore, intellettuale, poetico, maturo, un libro, dei fogli che raccontano già qualcosa, forse un diario, una storia già scritta, un passato già vissuto, il fiore neutro e vergine non basta. Servono pagine scritte e lette, un titolo, una memoria». Le opere che compongono l’installazione sono, in un certo senso, il risultato di questa azione romantica: le pagine strappate, trattate come fossero petali, subiscono una metamorfosi regressiva: diventano fiori, assumono le sembianze dell’idea originaria che ha ispirato l’artista, da cui nasce una nuova vita.